Sono Virginia la mamma di Daniele, dopo la sua perdita ho sentito il bisogno, la necessità di cercare altre mamme… orfane di figli… Otranto è un piccolo paese, dove tutti ci conosciamo e avvicinare altre mamme è stato semplice.
Convinta che condividere con altre mamme lo stesso dolore, mi avrebbe donato conforto. Sono stata sempre impegnata nel sociale e nel mio percorso spirituale… In questo percorso ero totalmente svestita di qualsiasi ruolo… è un mondo sconosciuto… dove il rapporto con il dolore è meglio evitarlo. In questo cammino volevo relazionarmi con mamme ..come me.. in maniera spontanea e scambievole.
Mi trovavo nella veste di orfana di mio figlio… e di figlia che aveva perso sua madre. Insieme con Daniele dopo poche ore muore mia madre… di dolore.
Da subito ho promesso che avrei condiviso questo dolore, con persone con il mio stesso dolore… convinta che nell’isolamento e nel silenzio… mi sarei ammalata di dolore… Non sapendo come sarebbe stato… e cosa avrei fatto del mio dolore… ho bussato alla prima porta… a me stessa per vedere la mia condizione di mamma, mutilata amputata, orfana di mio figlio.
Non sapevo cosa sarebbe successo… bussavo… e la prima porta si è aperta. Io raccontavo… lei ascoltava. Io ascoltavo… lei narrava… io la mia storia… lei la sua. Una condivisione di emozioni, di comprensione, condividevamo il nostro dolore amorevolmente. Non sapevo né quando, né come, ero sicura che il confrontarsi, il dialogare… era un’ottimo farmaco. Non c’è un calendario di scadenze… ma un’alternarsi di emozioni, dal pianto immediato, irrefrenabile, al malumore silenzioso, agli attacchi di panico: difficile tornare a vivere! E sanare il cuore ancor di più… Volevo rialzarmi… non volevo restare in posizione fetale, dormiente, appassita, desideravo. Un cammino faticoso, irto, pungente, cadute e lente risalite, ma con la consapevolezza che da questo dolore, mio grande proponimento era trarne beneficio. Difficile ricominciare quando si perde un’amore cosi grande… mio figlio… non si ha più voglia di vivere. Purtroppo la mia vita è cambiata e ogni giorno dovevo imparare a convivere, una parte di me è sparita, finita, morta… mentre il mondo esterno ci muove a tornare nel quotidiano. Trovavo non solo conforto, ma una compagna che mi comprendeva… ero sicura, compresa.
Il mio primo incontro è stato con una mamma dolcissima… Franca… poi Severina, Elisabetta, Anna Maria, Marcella, Tonia. Poi l’incontro con Agata, non ci conoscevamo, solo uno sguardo e una telefonata per incontrarci in una sala di attesa di un’ospedale del suo paese, pur non avendo nessuno. Iniziavo in punta di piedi ad uscire dal mio paese non per lavoro o altre urgenze… ma per il mio dolore… che aveva bisogno di essere elaborato. Mai avrei pensato di dover imparare ad elaborare il dolore della perdita di mio figlio… mai avrei pensato di uscire dal mio quotidiano per andare a trovare una mamma come me solo per raccontarci. Ora era una necessità primaria su tutto. Cercando affannosamente, chiedendo a tutti notizie sul dolore trovavo solo silenzio. La nostra storia nel mio territorio… molto meglio non parlarne… Avevo urgente bisogno di parlare… Virginia.
I nostri incontri silenziosi e sottomessi nella piccola cappella delle maestre pie filippine a due passi da casa lì iniziò il mio percorso di condivisione con l’altra mamma orfana di figlio… In questo istituto aveva frequentato Daniele sin da piccolo e per me questa cappella è stata la mia casa privata dove ho elaborato il mio dolore. Il silenzio, scappavo ogni qualvolta potevo, chiudevo il negozio e scappavo nella mia piccola cappella dove regnava il silenzio. Con il tempo ho chiesto una celebrazione Eucaristica per i nostri ragazzi, dopo abbiamo iniziato a fermarci a parlare a condividere. Era l’anno 1998 quando ho iniziato, ma una frequenza più assidua è iniziata l’anno successivo.
Gli incontri dopo tempo cominciavo anche nel mio negozio e oltre a condividere le nostre storie, iniziava a nascere un legame di amicizia, intesa, solidarietà. Al poco tempo a disposizione, ho iniziato a bussare a mamme che dopo la perdita del loro figlio, chiuse in casa senza mai uscire, chiuse nel loro dolore nel silenzio. Dopo mille incertezze e titubanze si iniziava a dire la prima frase e ne seguiva un’altra e un’altra ancora, confrontarsi e raccontarsi era un respiro di “aria nuova”.
Avevo iniziato con una mamma, dopo poco tempo eravamo cinque, poi sette, dodici…con nomi diversi e storie antiche e nuove. Iniziavo un percorso di “rinascita”… il mio. Aspettavo con ansia il nuovo incontro, mi sentivo compresa e non incompresa. Nel frattempo una semplice telefonata brevissima:” ti mando un’abbraccio”. Le nostre voci correvano tramite un filo si stava creando una “rete sostenitrice”.
Il rispetto per il nostro dolore, per ognuna di noi, tutte con tempi diversi, chi amava parlare, chi restava in silenzio, chi piangeva silenziosamente. Mi avvicinavo da subito, dove sapevo di una perdita, seguiva un’abbraccio, io ci sono e sempre una telefonata. Iniziava così una condivisione al dolore da vivere e condividere. Dicevo sempre dal primo incontro “io ci sono, sono una mamma come te”.
So esattamente come ti senti, come stai, il momento che stai attraversando, un forte abbraccio sigillava la nostra intesa. Un’ottimo farmaco: l’amore. Con il tempo il piccolo gruppo si coalizzava, alcune mamme erano pronte a condividere, altre più lente, altre bloccate. Ma tutte pronte nell’aiutarsi e ed essere ponte per le altre. Il cammino iniziava basato solo sulla spontaneità di mamme nel dolore.
“Un’investimento d’amore”
Una mamma, molto spontaneamente, ci vedevamo per la prima volta mi disse: “se ce l’hai fatta tu, anch’io”. Sono stata consolata, desideravo essere consolata, ora desideravo consolare. Con tanto coraggio che solo l’amore per un figlio può generare, si apriva la porta del cuore e la porta di casa, sino allora chiusa. Piccole, ma grandi conquiste, per un lento ritorno alla normalità. Il mio dolore per la perdita di mio figlio, sempre con me, ma elaborato, trasformato, amalgamato, impastato, lievitato in dono, dono frutto d’amore per mio figlio. Un cammino alternate un sorriso, oggi bene, domani benino, un gradino a sali e scendi, ricadute tante, ti rialzi faticosamente, si ricade ancora e ancora. Una mamma orfana del proprio figlio “maestra del dolore” attraversando tutte le fasi, perdite, cadute a picco, sconfitte, tutti momenti che attraversi in questo percorso, perplessità, i dubbi, le emozioni, i turbamenti e il sovraffollamento di pensieri che non danno tregua.
Nel tempo tante storie, tante lacrime, tanti volti, tante volte ci ripetiamo: sentiamoci. La storia continua… la nostra. I rapporti si condividono, si consolidano e il nostro aiuto reciproco: “un dono”…
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La fede mia compagna da sempre, silenziosa e solitaria, ha fatto sempre parte di me, tiepidamente a periodi, ma sempre in crescita. Nella fede ho trovato la strada della mia riappacificazione, superare la rabbia, l’ira e trovare con fatica la strada del perdono. E’ sacro il mio dolore, merita grande rispetto.
Ho dipinto il dolore con i più bei colori, profumato dall’amore per mio figlio.
Condivisione, grande dono che la mia fede mi elargisce, mi fa crescere, mi fa rinascere. Condividendo la nostra storia mi sono regalata del tempo per me, per noi, per camminare insieme.